La redazione di una “tesina” costituisce un primo e preliminare esercizio di ricerca teologica. La richiesta di tale adempimento, in vista dell’esame di baccellierato, si propone anzitutto l’obiettivo di propiziare l’avvio dello studente a tale ricerca, e quindi di valutare la sua capacità di mettere a frutto le sue conoscenze acquisite in tale prospettiva. Il primo ciclo degli studi teologici persegue l’obiettivo di una preparazione istituzionale; non si può però separare tale apprendimento istituzionale dallo sviluppo di una capacità critica, che trova appunto nel lavoro di ricerca la sua espressione più esplicita. Il profilo della ricerca si esprime nella redazione della “tesina”, nella forma della recensione critica di contributi teologici proporzionalmente delimitati.
Un aspetto qualificante di tale lavoro di ricerca è la forma scritta; essa consente e insieme esige il riferimento puntuale al testo dei contributi presi in esame, come pure agli strumenti generali della ricerca teologica che appaiano utili al loro apprezzamento critico. Una prima necessità ovvia per redigere la “tesina” è dunque la capacità di usare questi strumenti e conoscere le nozioni tecniche elementari per l’uso della citazione e della nota.
L’ambito nel quale l’alunno sceglie il tema della sua “tesina” è quello che egli sente più congeniale ai suoi interessi propriamente teologici. Occorre che il tema di analisi sia adeguatamente delimitato. Emerge da qui una prima implicita domanda di aiuto che l’alunno rivolge al moderatore scelto come guida: quella a valutare le possibilità di approfondimento per rapporto ad un determinato argomento, e quindi lo stato della ricerca in merito, la bibliografia esistente, la praticabilità e l’utilità della ricerca, l’esito prevedibile, le difficoltà connesse.
Il livello della “tesina” è quello di una ricerca iniziale; essa è importante proprio perché costituisce un primo passo, su una strada destinata a continuare. È perciò decisamente da scoraggiare un progetto che abbia i tratti della grande sintesi, o che comporti comunque la necessità di prendere in esame una letteratura estesa e di produrre una grande elaborazione teorica. Il tema della “tesina” dovrà essere in tal senso ben delimitato; la casistica è assai varia, ma suggeriamo a titolo di esemplificazione qualche esempio: il contributo dato da un singolo autore ad un tema teologico proporzionalmente preciso, il dibattito sull’interpretazione controversa di un testo biblico o di un autore classico, la risposta data ad una questione sollevata soltanto in epoca recente nella ricerca teologica. L’esame dei titoli delle tesine svolte nella nostra Facoltà mostra come questa preoccupazione di una formulazione del tema proporzionalmente delimitata sia giustamente un dato ormai diffuso, riconosciuto e praticato.
Pur così delimitato, l’obiettivo che la “tesina” persegue mantiene una sua dignità; obbliga ad una lettura precisa, ad una interpretazione oggettiva, ad una esposizione chiara e possibilmente anche ad una valutazione critica. Cerchiamo di svolgere il senso di queste indicazioni, e quindi di renderle più concrete e utili alla redazione della “tesina” stessa.
1) Innanzitutto è richiesta la lettura precisa. Essa non trova il suo documento nel riassunto pedissequo, ma nell’individuazione della tesi portante dei testi oggetto della ricerca, dunque delle risposte date dall’autore agli interrogativi da lui affrontati. In tal senso l’alunno deve essere aiutato e guidato a non cedere ad affermazioni ad effetto, che riconducano o addirittura risolvano i testi considerati a luoghi comuni immediatamente condivisibili, o magari alle tesi proprie del docente che guida la “tesina”. Egli deve invece distinguere anzitutto la qualità del testo considerato, se cioè esso sia di tipo affermativo o di tipo giustificativo. Una distinzione come questa era rigorosamente rispettata dalla tradizione; la recente pubblicistica invece non sempre la riconosce chiaramente, dando origine a confusioni che sono spesso indice di fragilità teorica. L’alunno deve saper dire sinteticamente cosa l’autore sostiene e come lo sostiene. La “tesina” deve essere così redatta in modo tale che il “cosa” e il “come” siano chiaramente espressi.
2) In secondo luogo, occorre una interpretazione oggettiva. La “tesina” deve trascrivere, in altri termini, la posizione difesa dall’autore o dagli autori esaminati, suggeriti dall’orizzonte del discorso proprio dello studente. Non è dunque sufficiente limitarsi a citazioni scelte più o meno arbitrariamente, e anche ordinate in modo più o meno sapiente; l’uso della citazione non solo è legittima ma richiesta, ovviamente; ma dal momento che ogni lettura è una ricostruzione, che intende o fraintende, lo studente guidato del moderatore deve evitare ogni fraintendimento forzato; termini e categorie usate nella “tesina”, se non coincidenti con quelli usati dall’autore, devono essere giustificati nella loro attitudine a interpretare le sue tesi. In questo quadro, si può certo fare riferimento a interpretazioni proposte da altri lettori e confrontarle con il testo dell’autore esaminato. Questa attenzione ad altre interpretazioni è però ordinata a rendere oggettiva l’interpretazione sostenuta dall’elaborato. L’attenzione ad altre interpretazioni non deve diventare ostacolo all’obiettivo primario che rimane l’interpretazione dell’alunno.
3) In terzo luogo, occorre l’esposizione chiara. Essa non si riferisce solo alla distinzione tra testo e note; non è sempre chiaro nella mente dell’alunno ciò che deve far parte del testo e ciò che deve invece essere messo in nota. Riguarda anche e soprattutto lo schema proposto, l’ordine logico dunque dell’esposizione. La chiarezza dello schema risulta anche dal riferimento esclusivo agli elementi qualificanti l’autore esaminato. Perciò, dopo le premesse che delimitano l’argomento, la breve presentazione della ragione della ricerca e del metodo che si intende usare, la chiarezza richiede che lo schema identifichi il problema, metta in rilievo gli elementi essenziali e specifici della soluzione data dall’autore, esponga le giustificazioni addotte a sostegno e difesa della risposta e arrivi ad indicare i nodi problematici risolti e quelli non risolti; in tal modo si giungerà ad evidenziare limiti e pregi dei testi esaminati. Questo schema è solo in apparenza fisso e chiuso; può infatti essere declinato in molte maniere.
L’ordine logico imposto dalla chiarezza espositiva deve rispettare la precedenza dell’analisi sulla sintesi. Una redazione della “tesina” che non rispetti la precedenza della parte espositiva sulla parte valutativa risulta ovviamente criticabile. L’ordine logico usato nelle tesi di licenza e di dottorato nella nostra Facoltà si snoda solitamente in tre fasi: linee essenziali dello status quaestionis; esposizione analitica della posizione presa in esame; valutazione critica. Esso può essere usato, ovviamente su scala ridotta, anche nella “tesina”, che conferma sotto tale aspetto la sua qualità di esercizio preparatorio a più ampie e approfondite ricerche.
4) Infine in quarto luogo: la valutazione critica. Non sempre è richiesto che essa sia formalmente espressa in un momento distinto; e tuttavia è oggettivamente necessaria perché la lettura dei testi considerati sia appunto lettura critica. Il richiamo a questa prospettiva appare in tal senso preziosa per la redazione della “tesina”. La considerazione di un contributo teologico non è completa, se non si impegna ad indicarne limiti e pregi. La valutazione è certo il momento più difficile; proprio per questo il riferimento al moderatore appare in tal senso più urgente. Il compito della guida non deve essere quello portare di peso colui che accompagna alla vetta, ma quello di rendergli possibile camminare con le proprie gambe anche nella parte più aspra del percorso. Fuori metafora, il docente non deve indurre l’alunno a ripetere il proprio giudizio; deve invece aiutarlo a distinguere all’interno di ciò che ha esaminato ciò che risulta consistente e perciò sostenibile da ciò che suscita un consenso solo apparente. Una valutazione è da incoraggiare, anche quando essa dichiari espressamente il proprio carattere solo congetturale.
Un esercizio paragonabile a quello della “tesina” nel nostro curriculum è quello rappresentato dalla partecipazione ai quattro seminari previsti. È per altro da osservare che non sempre in questi seminari è richiesto che la partecipazione si traduca in un elaborato scritto; e in quel caso il contributo si iscrive comunque nella cornice di ricerca predisposta dal docente. In tal senso la “tesina” rimane un esercizio insostituibile.
Non è raro il caso di alunni che dichiarano di aver incominciato in ritardo il lavoro della “tesina” e si vedono costretti a rimandare anche scadenze obbligate. I tempi tecnici della redazione sono consistenti e i criteri sopra indicati ne confermano la difficoltà; essi fatalmente si prolungano a seguito degli obblighi di frequenza ai corsi e dell’alto numero di esami da sostenere; è perciò auspicabile collocare all’inizio del quarto anno la data di presentazione del tema della “tesina” in Segreteria perché vi sia tempo per i necessari controlli anche ripetuti.
I criteri sopra ricordati e la situazione richiamata confermano le indicazioni di redazione della “tesina” già in atto nella nostra Facoltà:
la guida di ogni docente del corso istituzionale;
il tema può essere scelto in tutte le aree della ricerca teologica;
la valutazione è affidata esclusivamente al moderatore;
l’ampiezza ottimale è tra le 30 e le 50 pagine, compresa la bibliografia;
la percentuale della tesina nella valutazione complessiva dell’esame di baccellierato resta del 20%;
è utile che i docenti, lungo lo svolgimento dei rispettivi corsi, indichino espressamente possibili piste di ricerca utili in ordine alla scelta della “tesina”;
inoltre la “tesina” deve essere elaborata secondo i comuni criteri di correttezza accademica e scientifica, in specie per quanto riguarda il plagio.