La fede come “intelligenza del proprio tempo in compagnia di Gesù”

Mons. Giuseppe Colombo, nel centenario della nascita

La fotogallery dell’incontro

 

“La sua profonda riflessione teologica, la sensibilità al dialogo con il pensiero contemporaneo, don Pino le ha esplicitate e vissute nella predicazione quotidiana”. La giornata che la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale ha dedicato a Mons. Giuseppe Colombo (nato ad Albiate, MB, il 30 settembre 1923), nel centenario della nascita, è stata aperta dal Gran Cancelliere della Facoltà, l’arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini. Che ne ha ricordato l’umanità, insieme al “rigore nella riflessione teologica” e alla “cura nella chiarezza della comunicazione”. Il Prof. Giuseppe Colombo, “don Pino”, per anni lavorò con il Vescovo Carlo Colombo alla costituzione della Facoltà Teologica che vide la luce il 7 marzo del 1968. 

Il progetto nacque dall’esigenza di affiancare al Seminario di Venegono, luogo dell’insegnamento, un luogo della ricerca in cui – come ha ricordato il preside, Don Massimo Epis – la teologia dialogasse con la cultura e si aprisse al mondo laico. Un’intuizione che ha saputo portare molti frutti, ancora apprezzabili, non solo nei contenuti ma innanzitutto nel metodo della ricerca che da più di cinquant’anni caratterizza la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale.

Di don Pino, che fu vicepreside e, dal 1985 al ’93, Preside, la Facoltà ha scelto di celebrare il ricordo con un evento pubblico lo scorso 28 settembre, dedicandogli un volume che raccoglie i saggi dei docenti di teologia sistematica della Facoltà. Il volume – Il Venire di Dio nella storia umana. Nuove riflessioni sull’Eucaristia – è stato presentato nel corso dell’evento dai due curatori, i professori Alberto Cozzi e Sergio Ubbiali.

In qualità di coordinatore dell’area di sistematica, il Prof. Ubbiali ha ricordato come, per don Pino, qualificante per il metodo teologico fosse muovere dalla fede per sviluppare una “intelligenza del proprio tempo”.

“ll tempo – ha esordito don Cozzi – è inesorabile e mette polvere anche sulle migliori lezioni di teologia, facendole sembrare antiche. La sfida non è rispolverarle, come fossero cimeli di casa, ma raccogliere le istanze metodologiche che dicono uno stile di lavoro, per condividere una preoccupazione di don Pino che dobbiamo fare nostra: mantenere quell’apertura di sguardo intrinseca alla teologia, che non è visione parziale ma sguardo su tutto poiché, nello studiare Gesù, lo studio non si particolarizza ma si universalizza”. Da qui “quell’acribia metodologica” che, lungi dall’essere un esercizio di stile, è necessaria a riportare continuamente all’asse fondamentale del discorso, a quella visione antropologica che non si riduce mai all’antropocentrico ma è l’apertura che muove dalle cose, da tutte le cose, fino alla res mirabilis, l’Eucaristia”.

Eucaristia che, come ha sottolineato nella sua prolusione il cardinale Marc Armand Ouellet, don Pino considerava “quasi un catalizzatore per superare la disaffezione verso i sacramenti”.

Al termine dell’incontro i partecipanti hanno avuto in omaggio il volume: Esercizi di Cristocentrismo: una raccolta di meditazioni tenute nelle predicazioni degli esercizi spirituali offerti da don Pino a varie conferenze episcopali negli anni ’80 e ’90 e ora pubblicate da Glossa. Cristocentrismo che, come sottolinea mons. Stercal nell’editoriale della raccolta, per don Pino era “il centro della rivelazione cristiana e della vita ecclesiale”, e tuttavia era spesso a rischio. Tra le “più temibili e insidiose minacce”, don Pino ne riconosceva una: l’ecclesiocentrismo, che “capovolge l’orientamento, inverte la direzione e, invece di riconoscere che la Chiesa è di Gesù Cristo, appropria Gesù Cristo alla Chiesa”.

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