Gli studiosi di economia articolano il loro sapere nel rispetto di alcune regole (secondo i protocolli della coerenza, consistenza e transitività) che ne qualificano la specifica (autonoma) scientificità. Nell’esame dell’esercizio effettivo di tale sapere volto all’ottimizzazione dei processi si scopre che la razionalità economica è, al di là degli stereotipi, strutturalmente “aperta”, nel senso che si alimenta di un confronto interdisciplinare a vasto raggio. Il concetto di “benessere” è indeterminato, e, a titolo di esempio, la regola del profitto non si traduce necessariamente in una posizione ideologica di tipo utilitarista. L’abbiamo visto in particolare nell’analisi dei meccanismi finanziari in ordine alla sostenibilità. Nel riconoscimento che la cura della sostenibilità ha – a certe condizioni – una ricaduta anche economica positiva si appalesa che la finanza “non è fine a sé stessa”, poiché ha una costitutiva dimensione referenziale (“produco valore per chi?”) che va messa a tema (un interessante case study è il dossier sul rischio di greenwashing). In questa direzione si delinea una responsabilità in senso lato “politica”, perché chiama in causa le nozioni di uguaglianza (riducibile ad egualitarismo?) e di merito (non riducibile alla performance), le quali sollecitano azioni concrete da parte del potere istituito (per esempio, nell’assicurare i servizi alla persona; la cura per l’istruzione e la valorizzazione degli insegnanti; la soluzione delle segregazioni abitative…) per il bene comune ed apre la discussione a riguardo dell’assetto e del funzionamento effettivo delle istanze regolative (parlamenti nazionali, istituzioni comunitarie, banche centrali, FMI, autorità di vigilanza…) nel congegno concreto delle rispettive autorità (è il problema delle soggettività di governance).
La scienza economica interloquisce ordinariamente nel suo esercizio con la società (“gli economisti sono sempre più scienziati sociali”) e il diritto; quindi con modelli antropologico-culturali plurali. Sul piano di questa interlocuzione la riflessione etica e la ratio theologica svolgono una funzione di memoria critica e propositiva (cfr. l’istanza di una ecologia integrale formulata nell’enciclica Laudato si’). In sede di Convegno, sono state proposte alcune tensionalità emblematiche – scambio-dono, denaro-idolo… –, che rivelano una pluralità di “sfere della giustizia”, nel quadro di una concezione antropologica originariamente relazionale (lo scambio è necessario al riconoscimento, ma il riconoscimento è gravido di una reciprocità [cfr. pacta sunt servanda] che non è mai soltanto di tipo mercantile).
Massimo Epis
Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale