Con la morte di Benedetto XVI si chiude una delle ultime pagine della teologia del Novecento. Nell’arco della sua esistenza Joseph Ratzinger ha servito la Chiesa in ruoli di grande responsabilità, con lo stile di una precisione garbata, senza rinunciare ad essere puntuta. La sua vasta produzione letteraria predilige il ritorno alle fonti, della Scrittura e dei Padri, non per ricavarne sbrigative soluzioni alle questioni contemporanee, ma per attingere e lasciarsi fecondare da quella testimonianza che rimane un riferimento oggettivo per ogni interpretazione necessariamente in dialogo con i saperi del proprio tempo.
A dispetto di alcune presentazioni caricaturali, per Ratzinger l’appello alla “verità” non costituiva un’ossessione; rappresentava piuttosto un debito da onorare. L’incontro con quella Persona – il Dio-Amore – che schiude alla nostra esistenza un nuovo orizzonte e imprime una direzione decisiva, suscita la responsabilità di un annuncio ch’è la sorgente della gioia di tutti.
Secondo le classificazioni usuali, il teologo Ratzinger gode di larga fama nell’ambito della teologia sistematica. Però amava definirsi soprattutto un teologo fondamentale. Per questo abbiamo scelto di ricordarlo con un rapido studio dedicato alla sua lezione inaugurale presso l’università di Bonn nel 1959. Il testo della lezione è disponibile in lingua italiana, sotto il titolo: Il Dio della fede e il Dio dei filosofi, Marcianum, Venezia 2013.